Carlalberto Ludi, ds del Como fresco di rinnovo fino al 2028, ha rilasciato un'intervista sulle colonne de La Provincia, toccando vari temi tra il presente e futuro suo e del Como.

Sul rinnovo - "Sono contento di cominciare un nuovo ciclo con questa società. Sin dal primo momento il club aveva parlato di serie A, anche appena seduto al tavolo, dopo la promozione dalla D. E il primo obiettivo, arrivato in anticipo su sette anni stabiliti, contemplava anche la permanenza nella massima serie. L’obiettivo è centrato non solo quando sei promosso, ma quando ti salvi l’anno dopo, perché le incognite sono tante, di approccio, mentalità, contesto. Se ti salvi hai fatto un passo importante di consolidamento. Solo allora si volterà pagina per lavorare al progresso, un possibile nuovo ciclo. E sono molto contento di poterci essere ancora. Vado molto orgoglioso della definizione che ha utilizzato il presidente Suwarso per dare la notizia dell’allungamento del contratto. Ormai concepire il direttore sportivo alla vecchia maniera non ha più senso. La scelta dei giocatori è una parte, peraltro condivisa. Ma c’è tutto un mondo da gestire per far crescere il progetto."

Su Fabregas ed il futuro - "Cesc è un fuoriclasse. Uno che sarà più grande da allenatore di quanto non sia stato da giocatore. E mi pare che qualcosina da giocatore l’abbia fatto. Non posso parlare per lui, ma nella mia percezione rimarrà. È molto concentrato e coinvolto da questo progetto".

Sulla stagione - "Siamo in un processo di apprendistato e di costruzione. Non bisogna guardare solo ai punti lasciati sul percorso, ma al lavoro di costruzione che stiamo facendo per avere un gruppo competitivo, giovane e in crescita. Siamo convinti che questo gruppo, con gli stessi giocatori, dopo un anno di apprendimento e collaudo, il prossimo anno farà più punti. Siamo un gruppo nuovo, va dato il tempo per amalgamarsi ai giocatori, a capirsi, a commettere qualche errore, ma tutto in funzione di una crescita. Guardiamo lontano, non solo al presente. Credo che di questo ci vada dato atto. Un minimo di tempo per sistemarci va concesso. E poi, come metodologia, siamo un gruppo di lavoro che non rimugina su quello che non ha funzionato, ma lavora dal giorno successivo per eliminare gli errori."

Sulla sua presenza in panchina - "Iniziò tutto con Gattuso, in un momento non facile, in cui bisognava dare segnale di compattezza. E anche quando arrivò Longo, dopo il problematico addio di Gattuso, era un modo per dare appoggio al gruppo da parte della società. Quando è arrivato Cesc ho chiesto se la mia presenza desse fastidio, ma la risposta è stata assolutamente “no”. Io sono contento. Ho i miei riti: non calpesto mai il logo del Como sul prato, accarezzo uno dei bambini schierati, e poi vado verso la panchina. Molti mi chiedono perché vado in panchina se la partita si vede meglio dalla tribuna, ma io credo che vederla lì, a due passi dal gruppo,dal gioco, dai ragazzi, sia il modo migliore per capire le dinamiche, respirare l’aria, capire il vento della partita, e sfruttare certe sensazioni nella gestione settimanale, se serve. Lo spogliatoio è il regno dei giocatori, il mio ufficio è il mio campo, la panchina è il regno dell’allenatore. Su questo non ci piove. Sono contento di condividere i 90 minuti vicino alla staff.. ormai si vede sempre piu spesso in Italia."

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 01 aprile 2025 alle 12:55
Autore: Luca Bianchi
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