Arrivó nel Como fresco di passaggio societario al patron Porro, nella calda estate 2012: c'era da ricostruire entusiasmo nella piazza lariana dopo mesi sofferti, e tra i tanti nuovi arrivi c'era questo ragazzo dalla folta chioma riccia inconfondibile di nome Antonio Gammone.
Prodotto del settore giovanile del Bari, era reduce dal suo primo vero campionato con la maglia del Chieti in Lega Pro 2, con cui raccolse 30 presenze ed 1 gol: esterno d'attacco, faceva nei movimenti imprevedibili e le giocate per i compagni, il suo marchio di fabbrica. Il trasferimento al Nord nel Como rappresentava per Gammone un salto importante a livello professionale e umano.
Fin dalle prime uscite, il giovane talento pugliese attirò le simpatie dei sostenitori lariani, che apprezzavano giocatori come lui. E ancora oggi, a distanza di dieci anni dal suo addio, lo ricordano con affetto.
Allora Antonio: innanzitutto cosa ti è rimasto dentro dei tuoi due anni vissuti a Como? Ricordi, gioie, delusioni ...
"Sono stati anni meravigliosi, io ero molto giovane e ho avuto la possibilità di giocare in questa grande piazza permettendomi di crescere e conoscere giocatori importanti… la gioia più grande è stata la salvezza all’ultima giornata il primo anno, mentre la delusione più grande la sconfitta ai playoff nella seconda stagione".
Il pubblico di Como quando si accende trasmette sempre tanta passione: ricordi il momento in cui l'hai toccata personalmente?
"Sinceramente il pubblico lariano mi ha sempre voluto bene e mi ha dato sempre affetto soprattutto durante il pesante periodo in cui ho avuto un brutto infortunio. Mi aiutarono molto, facendomi sentire la loro vicinanza anche se non potevo ripagarli sul campo".
Qual'è stato il tuo luogo del cuore a Como?
"Per me è sempre stato il centro città, amavo fare delle belle passeggiate, soprattutto nel periodo natalizio quando sembrava ancora più magico".
Con chi hai legato di più in quei due anni lariani?
"Sono andato davvero d’accordo con tutti, ma con chi ho legato di più sono stati Schiavino, Crispino e Redolfi che sento ancora tutt'oggi".
Avresti mai immaginato di vedere il Como in Serie A con una struttura societaria così d'eccellenza?
"Assolutamente si, perché una società e una città così non può che meritare la Serie A. Se pensiamo solo alla bellezza dello stadio con la vista sul lago, già capiamo la grandezza di Como".
Pensi che Fabregas possa riproporre il bel calcio visto nella scorsa trionfale stagione di B, anche sul palcoscenico della Serie A?
"Credo proprio di sì, lui è stato un calciatore di livello mondiale calcando palcoscenici importantissimi. Da allenatore ha già vinto un campionato di Serie B e sono sicuro che anche in A farà benissimo grazie alle sue idee di calcio".
Tutti concordano giustamente che l'obiettivo primario debba essere la salvezza quest'anno: entro quanto tempo il Como potrà puntare a salire di step, secondo te?
"Per me negli anni a venire con questa attuale società, così solida, si potrà ambire ad obiettivi sempre più importanti".
Ti rivedi, nel tuo ruolo, in qualche giocatore presente nella rosa del Como di oggi?
"Sinceramente faccio fatica a rivedermi in qualcuno di loro, anche perché erano due squadre totalmente differenti quelle con cui ho giocato in Lega Pro e l'attuale".
Antonio, tu hai lasciato Como nell'estate 2014: come è proseguita successivamente la tua carriera e oggi di cosa ti occupi?
"Dopo Como ho continuato a girovagare per l’Italia cambiando diverse squadre di Serie C (Juve Stabia, Matera, Melfi e Sicula Leonzio, ndr), e dopo all’età di 26 anni ho deciso di cambiare vita e così oggi sono laureato in odontoiatria e svolgo felicemente la professione di dentista, seguendo con il cuore da tifoso, il nostro amato calcio".
Tornerai al Sinigaglia un giorno ? E magari facci un fischio prima …
"Sicuramente la voglia di rientrare al Sinigaglia è tanta, chiaramente non so quando perché vivendo in Basilicata non è proprio dietro l’angolo. Ma appena potrò tornerò molto volentieri".
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